In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti. (Mt.1, 12-15)
Dopo il deserto eccoci oggi “su un alto monte”. Anzi, per essere precisi le montagne sono addirittura tre! La prima è quella della prima lettura. La scala abramo con il suo unico figlio Isacco, carico di una fascina di legna che dovrà servire per il sacrificio arrivati in cima. Lui non lo sa, ma il suo papà lo sa bene, lassù la vittima dovrebbe essere lui. La seconda montagna è quella che Gesù indica ai suoi amici, appena prima delle parole che abbiamo sentito. Questo monte sarebbe il Golgota sul quale lui dice che dovrà morire, ripudiato dalla sua gente. Naturalmente questa previsione ha suscitato il rifiuto assoluto dei suoi amici, che gli dicono che lui, il messia liberatore, non può finire così. Per ammorbidire un poco questa opposizione ecco i terzo monte, quello che salgono lui, Pietro, Giovanni e Giacomo. Notiamo che Pietro, sara il fondamento della sua chiesa, che nel momento del suo arresto, per paura, giurerà di non conoscerlo; Giovanni sarà sotto la croce, ma crederà veramente in lui solo quando vedrà il sepolcro vuoto; infine Giacomo sarà il primo a dare la vita, testimoniando che lui è veramente il salvatore. Facendo un esame di queste tre montagne, potremmo dire che quella di Abramo e la figura del Golgota, sulla quale il Figlio del Padre non è risparmiato come Isacco. E la terza? Quella è la nostra, di ciascuno di noi: la nostra vita, che culmina nella nostra morte, unica strada per entrare nella nostra risurrezione.
Cosa possiamo imparare dalle parole che oggi il Signore ci dona? Prima di tutto una visione globale della nostra vita. Essa a volte, magari poche, ci sembra un paradiso terrestre. Vogliamo pensare a momenti di gioia pura e totale che abbiamo sperimentato? Momenti di sollievo culminante in una gioia infinita come quelli di Abramo, quando Dio gli ferma la mano armata di coltello mentre stava per scannare il proprio figlio. Voi papà e mamme ricordate la felicità infinita quando avete portato il vostro piccolo che piangeva disperato da ventiquattro ore da pediatra e lui vi ha detto che non stava proprio per morire, ma che semplicemente gli spuntavano i primi dentini? Momenti ancora di felicità pura, come quella di Pietro, che costruirebbe sulla inospitale cima del monte tre capanne per Gesù, Mosè ed Elia, mentre lui starebbe li per sempre a gustare l’estasi totale che sta provando, tu non ne hai mai provati? Ma fammi il piacere! Non può essere vero. E solo che tu sei uno che dimentica oppure un pessimista totale, dalla punta dei capelli alla pianta dei piedi! Hai dimenticato il momento magico in cui la persona di cui eri follemente innamorato, ti ha detto: “Ti amo anche’io”? Oppure quando dopo una fatica durata cinque anni sulla bacheca della tua scuola o della tua università, dopo un esame andato non proprio bene, hai visto che eri davvero ragioniere, o che adesso potevano chiamarti dottore?
Che ci dice tutto questo? Perche riandare a queste gocce di felicita, oscurate da una mole infinita di fatiche, di sofferenze angoscianti, di paure, oscure come una notte senza fine? come fai a non capirlo? E’ semplicissimo: che noi siamo fatti per la felicità! E smettila di dire che la felicità non esiste. Si tratta di una cavolata bestiale, perché anche solo per qualche momento, l’hai provata anche tu. Ma si è trattato di un momento soltanto! Sicuro! E pagato con anni di attesa e di fatica, ma è stato davvero qualcosa di reale, di vero, di sperimentato. E tu lo hai provato! Dunque la felicità esiste e tu sei fatto proprio per la felicità.
Capite perché mi piace la quaresima? Perche essa in piccolo è l’immagine della nostra vita. Quaranta giorni di fatica, conditi di digiuno, di carità fraterna e di preghiera. Ma poi è pasqua, il sepolcro è vuoto e noi siamo risorti, ringiovaniti, proiettati da questa primavera verso una nuova estate, ricca di frutti. Li raccoglieremo nei colori sgargianti dell’autunno della nostra vita. Cosi anno dopo anno fino alla fine quando saremo fuori del tempo, nella eternità ed in un estasi di felicità senza limiti. Saremo finalmente tra le braccia del nostro Padre.